Logo del Parco
CETS
Condividi
Home » Visita il Parco » I Sapori del Parco

Ricette

Le prelibatezze del Parco

Lasagne della nonna
Si prepara la pasta, fatta a mano con uova e farina, e si ritagliano i dischi leggermente più piccoli del testo che si deve usare. Si lessano i dischi uno per volta in acqua bollente salata, si passano in acqua fredda e si pongono a scolare su strofinacci di bucato. A parte, si cuoce lentamente la carne macinata con un soffritto di sedano e cipolla e ci si aggiunge del pomodoro. Intanto, si tagliano a pezzetti minuti le scamorze e si grattugia molto formaggio. In un testo, ben unto, si dispongono, uno sull'altro, i dischi di pasta, stratificandoli con sugo, formaggio, scamorze, carne macinata, e così via fino ad esaurimento della pasta. Solo sull'ultimo disco, che fa da coperchio, si dispone il burro a fiocchetti. Si pone, quindi, il testo in forno, o fra la brace, dove rimane fino a che il disco superiore ha preso colore d'oro; si porta in tavola con lo stesso recipiente di cottura.


"Code di topo" con sugo di patate

Fare una pasta soda e ben lavorata con acqua e farina. Staccare dall'impasto pezzetti della grossezza di una noce e, rotolandoli e schiacciandoli con le mani sulla spianatoia, farne cilindretti dello spessore dei bucatini. Distendere le codine su un tovagliolo e farle asciugare all'aria. In un tegame, possibilmente di terracotta, mettere olio, aglio, patate crude tagliate a fettine, coprire e far cuocere a fuoco basso. A questo punto aggiungere pomodori pelati e spezzettati, basilico, sedano prezzemolo, sale e pepe. Mescolare spesso questo condimento e, quando è denso e ben cotto, versarlo sulle codine cotte a parte, in acqua bollente salata. Una variante di questo piatto è quello che, a Rovere, paese posto a guardia dell'Altipiano delle Rocche, è chiamato surgjjjì. Il procedimento della preparazione della pasta è identico, varia solo il condimento.
A Rovere, infatti, questi "surgilli" (topini) si condiscono con aglio, olio, peperoncino soffritti e con una spolverata di noci tritate minutamente nel mortaio; noci che sostituiscono il formaggio.


Sagne e fagioli

Mettere in ammollo i fagioli per circa 12 ore, lasciarli poi cuocere a fuoco lento aggiungendo il sale. Impastare farina con acqua e sale e lasciare riposare l'impasto coperto per 15 minuti.
Soffriggere cipolla, sedano e carota e aggiungere il prosciutto tagliato a cubetti. Appena scaldati, aggiungere i pomodori pelati e fare cuocere, in ultimo prezzemolo e basilico. A cottura avvenuta, versare i fagioli nel sugo e lasciare insaporire per qualche minuto.
Lavorare la pasta a forma di cerchio e cominciare a spianarla con il mattarello fino a farla diventare una sfoglia dello spessore di circa 3 millimetri, ricavarne dei rettangolini (sagne) della grandezza desiderata. Lessare la pasta e, a cottura ultimata, versare il tutto nel recipiente di portata e aggiungere il sugo con fagioli. A chi piace, speziare con un po' di peperoncino fresco.


Minestra di cicerchie e patate

Mettere a bagno le cicerchie in acqua tiepida per circa 48 ore, cambiando l'acqua ogni 12 ore. Metterle in acqua fredda unendo aglio, rosmarino, sedano, 1 cucchiaio d'olio e portarle ad ebollizione.
Dopo una cottura di circa 2 ore e 1/2, a fuoco lento, aggiungere il sale, i pomodori a dadini e le patate a pezzetti. Lasciar cuocere ancora per 1 ora o più. Quando la minestra è cotta servirla su fette di pane e condirla con olio a crudo e una macinata di pepe.


Spezzatino uova e limone

Tagliare la carne di agnello a pezzi piuttosto piccoli, lavarla e metterla in un tegame di terracotta con molto olio. Condire con sale, pepe, poco aglio e far rosolare a fuoco moderato scuotendo di tanto in tanto il tegame affinchè la carne cuocia uniformemente senza però disfarsi. Al momento di servire, battere le uova con abbondante succo di limone. Rimettere il tegame sul fuoco vivo, versarvi l'uovo già pronto, far condensare, ma senza rapprendere, e servire ben caldo. Questa preparazione in alcuni paesi viene detta "agnello in bianchetto"; in altri posti si dice "a casce e ova", però, al posto del limone, nelle uova sbattute, si versa abbondante piccante pecorino grattugiato. Anche se l'aspetto della pietanza non cambia varia, però, il sapore per la presenza del pecorino.


La "cicoriella"

A Santa Maria del Ponte, frazione di Tione degli Abruzzi, la seconda domenica dopo Pasqua si festeggia la Madonna Addolorata o "della Cicoriella". Il giorno della festa, piatto di rito su ogni tavola, dalla più modesta alla più ricca, è la "cicoriella", cioè la cicoria in brodo che, essendo amara, sta a simboleggiare tutte le amarezze, le sofferenze della Madonna nerovestita.
Per la preparazione di questo piatto, occorre la cicoria piccola, a ciuffetti, che nasce spontanea nei prati, a primavera. Le piantine che tendono ad accartocciarsi, devono essere accuratamente mondate, lavate, lessate e messe in acqua fredda per togliere l'eccesso di amaro. Intanto si prepara il brodo con carne di gallina, cipolla, sedano, prezzemolo e carotine e, a parte, il ragù di carne col pomodoro. Successivamente in un tegame grande mettere a rosolare, nell'olio, pancetta a pezzetti e salsiccia sbriciolata. Scolare la cicoria dall'acqua, strizzarla bene con le mani, tagliuzzarla, salarla e farla insaporire nel soffritto. Aggiungere alla verdura il sugo di carne e, se necessario, qualche mestolo di brodo. Poco prima di servire, sbattere le uova, unire il pecorino grattugiato, qualche cucchiaiata di acqua fredda e versare la miscela sulla cicoria. Infine aggiungere il brodo bollente e portare in tavola.


"Nocci atterrati"

Pelare, asciugare e tostare appena le mandorle. In una insalatiera battere bene le sole chiare d'uova, aggiungere zucchero in polvere in modo da formare una miscela semidensa. Nel miscuglio versare le mandorle e mescolare a lungo, ma delicatamente.
Quando tutte le mandorle sono rivestite da un velo zuccherino, disporle in uno strato sottile su larghi piatti e lasciare asciugare per 24 ore all'aria aperta. A questo punto staccare le mandorle che eventualmente si fossero unite; porle in scatole di metallo, dove possono conservarsi anche per lungo tempo. In ogni occasione di festa si preparano i "nocci atterrati" che sono di rito, uniti alle pizzelle e alle coperchiole.


"Pizzelle, nevole, ferratelle"

Passare tre volte la farina alla "setacciola" (staccio piccolo con la seta) per ottenere il fiore, impastarla con uova, olio e senso di anice. La regola è: 1 uovo, 1 cucchiaio di zucchero, uno di olio, senso di anice e fior di farina tanta quanto basta per fare una pasta piuttosto tenera. Lavorare a lungo la pasta, e formare dei rotolini, dello spessore di 1 mignolo. Con i rotolini fare degli otto che si allineano nel "capestiere" (rustico vassoio rettangolare con bordi rialzati) infarinato.
Preparare nel camino un buon fuoco di legna secca. Mettere un pezzo di legna grande per traverso sugli alari, sul quale poggiare il ferro che si deve scaldare a lungo su entrambe le facce. Preparare una cotenna di maiale che si passerà di tanto in tanto sulle facce interne roventi del ferro affinchè la pasta non si attacchi. Iniziare quindi l'operazione di cottura. Aprire il ferro già caldo appoggiando uno dei manici sulla pietra del focolare, adagiare un otto di pasta, richiudere il ferro con abilità per non far cadere la pasta e rimetterlo sul fuoco sul quale si lascerà per il tempo occorrente a recitare una «Ave Maria». Indi capovolgere l'arnese e far cuocere dall'altro lato. Aprire il ferro poggiando uno dei manici a terra e, se la cialda ha un bel colore d'oro, si stacca e si ricomincia l'operazione fino alla fine della pasta. E' un lavoro lungo e faticoso perché il ferro è pesante e la fiamma scotta e solo con la pratica si riesce a indovinare il giusto punto di cottura della pizzella croccante e gustosa.
Ogni famiglia ha il suo "ferro delle pizzelle" in ferro battuto a forma di forbici, con disegni fantasiosi secondo l'estro dell'artigiano che lo forgia e porta impresso nell'interno, al centro, un monogramma o lo stemma del casato. E chi non ha il "ferro", lo chiede in prestito e l'arnese va di casa in casa in ogni festa o in occasione di nozze e di battesimi.


Il Croccante

A Forme, una frazione di Massa d'Albe, la raccolta delle mandorle era praticata da tutte le famiglie; il frutto veniva utilizzato soprattutto per fare dolci, uno dei quali è il Croccante. Fatto con mandorle, zucchero e miele, prodotto importante per la bontà del gusto, ma anche per il valore simbolico: auspicio di prosperità e abbondanza. In questi ultimi tempi il Croccante di Forme ha avuto una significativa rivalutazione, riempie sempre le nostre tavole in occasione di cerimonie e festività ed è nata l'omonima sagra, diventata col tempo una delle più apprezzate in tutto il territorio Abruzzese e non solo.
Salumi
(foto di: PR Sirente Velino)
Zafferano DOP dell'Aquila
(foto di: PR Sirente Velino)
Vuoi inviare una segnalazione di inaccessibilità di questo sito web?Invia segnalazione